di Marco Garzonio
Torno da un viaggio di studio in Israele dove ho accompagnato un gruppo di psicoanalisti, insegnanti, professionisti in varie branche, credenti e non. “Sulle orme di Carlo Maria Martini” era il tema. In un’epoca complessa e spesso indecifrabile c’è bisogno di testimoni credibili, che insegnino ad andare oltre il contingente e abbiano l’umiltà essi per primi di riconoscersi bisognosi di qualcuno o qualcosa che dilati gli orizzonti e dia senso alla direzione di marcia. “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” è il versetto del Salmo che Martini volle inciso sulla tomba in Duomo. La scritta è la cifra d’una vita, insieme un modo per richiamare a tutti il nesso inscindibile tra la Terra Santa e il resto del mondo, tra Bibbia e vita, valori universali e pratiche quotidiane…
Un viaggio in Israele può essere scuola di vita per districarsi in quanto accade. “Questo è un Paese dove si dialoga molto, nonostante conflitti e apparenze”, sosteneva Martini da Gerusalemme dove si era ritirato. Portava le tradizioni religiose a esempio: “Al venerdì pregano i musulmani, al sabato gli Ebrei, la domenica i cristiani”. Per chi viene da un’Europa che nei suoi Statuti ha ritenuto di non riconoscere le radici giudaicocristiane e si scopre sovranista, poco solidale e ancor meno accogliente, è una sorpresa verificare la vitalità in Israele dell’incontro fra tradizione religiosa e prassi quotidiana. Certo, i risvolti qui sono disuguaglianze, tensioni, provocazioni e morti a Gaza, insediamenti di coloni che proliferano, il muro che separa israeliani e palestinesi. Ma altra suggestione che a Gerusalemme spira è il pensiero che ci si può rialzare dopo le cadute, cambiare: il “risorgere” del cristianesimo…
A sintesi del viaggio, spunto di queste riflessioni, il gruppo ha piantato un ulivo a Giva’t Avni. Rav Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano ai tempi di Martini e suo grande amico, volle far memoria del Cardinale intestando a lui un bosco in Galilea, là dove la predicazione di Gesù prese le mosse. L’amicizia umana e religiosa tra rabbino e cardinale (richiamata dal film di Olmi su Martini, “Vedete, sono uno di voi” che grazie al gruppo è stato proiettato a Gerusalemme presente l’Ambasciatore d’Italia Gianluigi Benedetti) è seme di germogli. Infatti è stata rinnovata in quell’ulivo piantato con la collaborazione del Keret Kaymeth Lisrael la più antica organizzazione ecologica del mondo. Alle radici dell’ulivo è stato posto un messaggio che Mons. Mario Delpini, successore di Martini a Milano e con lui in continuità, ha affidato ai viaggiatori: “Siate seminatori di futuro, seminatori di speranza”. La sfida è che piantare un albero in quel bosco diventi consuetudine per i gruppi che prendono la strada di Israele.
[dal Corriere della Sera, 31 ottobre 2018]
Nel libro Ritorno a Gerusalemme (Edizioni Terrasanta, 192 pagine, 16 euro), Marco Garzonio indica al lettore un percorso inedito per visitare la Terra Santa avendo come solida traccia la luce che promana dalle prime cinque lettere pastorali di Carlo Maria Martini. Una per ogni anno, le cinque lettere pastorali pubblicate a partire dal settembre 1980 diedero la misura della “rivoluzione” martiniana (La dimensione contemplativa della vita, 1980; In principio la Parola, 1981; Attirerò tutti a me, 1982; Partenza da Emmaus, 1983; Farsi prossimo, 1985) e in questo itinerario nei luoghi biblici divengono uno strumento di lavoro, un compagno nel cammino di ricerca di sé e delle ragioni del credere oggi. Pianificato in otto percorsi e relative soste, dal Mar Morto fino allo Yad Vashem passando per Ein Ghedi, Qumran, Nazaret, Tiberiade, Cafarnao, Tabgha, il Monte delle Beatitudini, Qasr al-Yahud, Gerico, Gerusalemme, Emmaus e Ain Arik, chi cammina per la Terra Santa si troverà di fianco una guida d’eccezione, un padre e un maestro che sentiva di appartenere a questa terra.